Frazione del comune di Ceraso, è stato il primo centro che si è formato nel territorio comunale risalente al X secolo.
È costruita intorno alle due chiese parrocchiali di San Martino e San Felice. Quest’ultima si trova nel centro storico ed è la tipica espressione dell'architettura religiosa dei centri rurali del Cilento mentre la Chiesa di San Martino rappresenta l'emergenza architettonica più importante del luogo con l'antica torre poco distante.
Nei primi anni del 1900 la presenza dell'industria dei fratelli Ravera è stata molto importante per questo paese. L'industria sfruttava i castagneti della zona producendo estratti tannici che venivano esportati anche in alcuni paesi europei. Ancora oggi sono visibili i resti dell'opificio dismesso.
Poche e piuttosto di età tarda le notizie su questo casale, la cui origine potrebbe risalire al X secolo, se è valida l'ipotesi di un esodo di famiglie, al seguito dei monaci italo-greci, dalle massae di Calabria.
Il Giustiniani ne fa risalire l'insediamento a «una qualche famiglia di poveri villani addetti alla coltura di un pezzo di terra, e non ha avuto poi la sorte di divenire paese di qualche considerazione».
Dell'evoluzione del toponimo è documento anche nelle carte geografiche del Blaeu, di Matteo Greuter e di Domenico Rossi.
Nel 1476 la S. Casa dell'Annunziata di Napoli vi possedeva un frantoio, dono di Lionetta de Litteriis. Nel casale vi era una torre merlata a forma quadrata certamente di origine anteriore al XVI secolo se proprio in quel periodo fu acquistata dalla famiglia Pannicelli, la più ricca del luogo. Salvatore, componente di detta famiglia, nel 1551, sposò Giustina de Hippolitis. Cesare Pannicelli nel 1566 per ordine della Regia Corte fu nominato commissario regio per la delimitazione dei confini del feudo di Altavilla. Alfonso Pannicelli era Auditore a Novi del 1641. D. Alessandro Pannicelli, durante il sinodo Carafa, fu esaminatore provinciale.
Il casale, con quello di Moio, era in possesso dei principi di Sanseverino di Salerno. Per ribellione di Ferrante contro l’imperatore Carlo V, anche Massascusa, come tutti gli altri beni del principe, venne devoluto alla Regia Curia.
Sulla configurazione del casale nel '600 troviamo alcuni cenni nell'estimo del tavolario Cafaro:
Casale di Massascusa: sta questo casale situato appresso il detto S. Biase distante mezzo miglio. Vi sono due chiese parrocchiali, l'una sotto il titolo di S. Felice e l'altra di S. Martino. Le sue habitationi sono di case terragne, et alcune di buona qualità con giardini. Il suo aere è perfetto e vi è abbondanza di acqua. Li territori sono di boschi di cerque e castagneti con seminatori. Li cittadini attendono alla coltura e le donne al filare e tessere. Vi sono animali, come sono porci, bacche, capre. Si governa da due Eletti, che si fanno ogni anno. È numerato per fuochi numero ventisei, benché assai diminuito e vi sono molte case dirute per mancanza di abitatori.
L'Antonini si limita solo a dire che «usciti di S. Biase e camminando solo per quei piani tutti coverti di castagne, trovasi Massascusa, luogo che gode di un'aria aperta, e forse più temperata ancora».
LATITUDINE: 40.2000503
LONGITUDINE: 15.274748700000032
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