LUSTRA

Lustra. Università autonoma fino alla sua elevazione a Comune. Da Salerno 64 km.

Piccolo comune sulle colline del Cilento la cui origine è legata a tracce di insediamenti di tarda età romana.
Il caratteristico centro storico si snoda attorno alla parrocchiale di Santa Maria delle Grazie, con le cappelle di San Nicola, dell’Annunziata, di Santa Caterina, Santa Maria del Principio, delle anime del Purgatorio, del Crocifisso, di San Donato, della Concezione, del Rosario, del corpo di Cristo.
Il territorio è caratterizzato da una ricca vegetazione che rende il paesaggio rigoglioso e ricco di numerose specie animali e piante tipiche della macchia mediterranea.
Attività molto sviluppata è la fichi-coltura, la varietà che ha reso questa terra famosa nel mondo è il Dottato proposto in varie versioni, nel consumo fresco, essiccazione, canditura, sciroppatura.
I mustacciuoli e la pizza annosprata sono dei dolci tipici realizzati con ingredienti genuini come vuole la tradizione come il pan di spagna, naspro, zucchero cotto, crema di latte, canditi e confetti colorati.

VEDUTA DEL BORGO

VEDUTA DEL BORGO

SCORCIO DEL BORGO

SCORCIO DEL CENTRO STORICO

CHIESA DI SANTA MARIA VETERE

CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE


 Di famiglie longobarde di Lustra è notizia in un «preceptum» di Guaimario IV e del coreggente figliuolo Guaimario, non datato, inserito in un inedito documento del 1118. Gli uomini di Lustra (hominibus lustrenses) tutti tenuti ai prescritti servizi militari longobardi, al pari di quelli di Torchiara e di dodici di S. Lucia. È notizia del villaggio pure in una compravendita del 1034, con la quale Marando, figlio del fu Marangio vendette la metà dei suoi beni ubicati a Persiceto, a Leone, figlio del fu Accomanno di Lustra per sette tarì.
In un documento del 1043 è detto che la chiesa di S. Mango era fondata «in loco qui dicitur Lustra». Va ricordato che la chiesa e il monastero di S. Magno (poi s. Mango, per metatesi), «in loco Turano» era anche detto di Lustra, uno dei quattro omonimi che il Di Meo colloca in Lucania. Nell'Archivio cavense vi sono ancora due donazioni. La prima, del gennaio 1157, dice di abitanti della Valle di Lustra che offrirono al monastero di S. Michele Arcangelo di Perdifumo terre lavorate in un comprensorio ottenuto per privilegio sovrano. Nella seconda donazione è cenno di un abitante in Valle di Lustra. Con essa (novembre 1156) Marardo, figlio di Dedideo, offrì al cenobio di Sant'Arcangelo una terra coltivata a Vatolla, propriamente nel territorio di Lustra.
Nel noto documento del 1187, tra i confini si annovera un terreno nel tenimento di Lustra. Nell'Archivio cavense vi è un altro atto del 26 giugno 1365, con il quale il monastero concesse in enfiteusi terre a Lustra e a Rutino per 19 anni per il censo di due libbre di cera annue.
Di Lustra è ancora notizia nel processo di reintegra dei beni dei Sanseverino del 1276, ma non si sa quando il feudo fu concesso alla famiglia Capano. È solo notizia che Mazzeo Capano nel 1392 era barone di Lustra, Pollica, Omignano e Sessa. Un secolo dopo era signore di Lustra, Omignano, Sessa e S. Lucia (a. 1487) Buzzano Capano che rifiutò di partecipare con i Sanseverino alla congiura dei baroni. Antonello avocò i feudi concessi ai Capano e relegò Buzzano in esilio. Re Ferrante li restituì nel 1488 al figlio Giovanni, dal quale passarono a Francesco, principe di Pollica. La figlia Porzia sposò poi Leonetto Mazzacane di Diano, barone di Sala e di S. Giovanni, portandogli in dote (a. 1527) i feudi di Omignano e di Lustra.
Del periodo ci sono pervenute notizie locali dalle provvidenze concesse al monastero di S. Francesco. Nell'ottobre del 1423 Sisto IV, con il breve «conquesti sunt Nobis» ordinò al vescovo di Capaccio e agli arcipreti di Gioi e di Cilento di versare ai monaci le elemosine raccolte per il restauro della chiesa e del convento di S. Francesco.
È notizia pure che I'imperatore Carlo V avesse disposto (12 aprile 1531) l'elemosina annua al convento «sex modia salis». I feudi furono poi avocati al fisco per la ribellione di Ferrante Sanseverino, principe di Salerno, e del suo seguace Leonetto al quale vennero poi restituiti con privilegio del 3 settembre 1565. Da costui Lustra passò prima alla famiglia Gomez e poi al fisco che per asta pubblica I'aggiudicò (a. 1577) a Giovanna Nauclerio che aveva sposato il napoletano Paolo Bozzuto. L'acquirente prese possesso del feudo nello stesso anno.
Un'altra notizia del luogo si rileva da un istrumento per notar Ricciardo Parrino (5 agosto 1560): il guardiano del convento di S. Francesco «vendì ad Agostino di Casacastra della Rocca del Cilento una terra lavoratoria dove si dice sopra S. Francesco».
Il Cedolario ci informa che il 28 agosto 1625 venne concesso a Violante Brancaccio il titolo di duca sulla terra di Lustra e feudo delli Carusi. Gli successe il figlio Antonio che morì in età pupillare (1634), per cui titolo e feudo tornarono alla Corona. Il feudo fu poi venduto alla famiglia Sergio. Giovan Francesco Sergio alienò il feudo nel 1639 (8044 denari) a favore di Pietr'Antonio Cardone dei marchesi di Prignano. Nel 1666 Marco Cardone lo vendette a Gennaro Granito di Napoli, dal quale, in mancanza di maschi, passò alla figliuola, poi sposa di un componente della famiglia Persico. Il 2 agosto 1766 Alessandro Persico ebbe I'intestazione della terra per acquisto fattone da sua cugina Angela Persico. Da Alessandro passò poi ad Antonio Persico il 23 aprile 1787. Con istrumento rogato a Napoli, D. Antonio Persico, barone di Lustra, ratificò un precedente istrumento, con il quale il suo procuratore (D. Saverio Granito) aveva dato in fitto a D. Antonio Verta il latifondo feudo rustico denominato Capano e Montagna della Stella, di natura seminativo-boscoso con castagni che possedeva come legittimo proprietario nel territorio di S. Mango.
Va segnalato che il Commissario ripartitore consigliere Giampaolo, ad eliminare il diritto di promiscuità di pascolo, staccò (sentenza 18 maggio 1810) dai beni del principe di Omignano la tenuta Donnico (domnico - del signore) e dai beni del barone di Lustra la tenuta Capano, assegnando Donnico a Omignano e il latifondo Capano al Comune di S. Mango. La Montagna della Stella, invece, venne lasciata in proprietà al barone Persico di Lustra. Costui vendette, poi, la montagna anzidetta a Palatucci e da questo ai Ventimiglia e ai De Feo che poi la possedettero.
Con decreto reale 28 maggio 1876 il titolo di duca di Laureana venne riconosciuto in persona di Salvatore Brancaccio, principe di Trigiano.
A Lustra, e propriamente tra le frazioni di S. Martino e di Rocca è  il convento di S. Francesco dei frati minori dell'Immacolata Concezione della Provincia salernitano-lucana, detto anche Convento di S. Francesco alla foresta. La tradizione vuole che il cenobio fosse stato fondato da S. Bernardino da Siena, il grande facondo predicatore, la cui presenza nel luogo spiegherebbe la devozione dei locali per il santo manifestatasi con l'erezione di numerosi altari nelle chiese del territorio. Fondazione che, secondo L. Wadding, risale al 1427 a seguito della bolla di Martino V (5 giugno 1425) che dava la facoltà a Bernardino di ricevere e costruire quattro conventi degli osservanti in Italia. Pare che avessero contribuito alla fondazione sia i Capano che i Sanseverino. Nell'ottobre del 1473 Sisto IV, con il breve «conquesti sunt Nobis» ordinò al vescovo di Capaccio e agli arcipreti «de Gioi et cilenti» di versare al convento e alla chiesa di S. Francesco di Cilento le elemosine raccolte per i restauri degli edifici. È notizia pure che il 12 aprile 1531 l’imperatore Carlo V stabilì che al convento venisse offerta I’annua elemosina di «sex modia salis». Il convento fu poi ampliato nel 1565. Alla fine del ‘500 il convento già ospitava 12 frati e nel 1621 diciotto frati e 24 celle. Nel '700 vi erano 28 celle in tre dormitori. Nel 1741 vi erano 20 religiosi.
Il convento fu spesso visitato dai ladri se il 20 febbraio 1650 si costruì il muro di clausura, elevando ancora di «due altri palmi et anco più» il muro della selva se necessario, ordinava il Ministro provinciale (6 agosto 1653), a impedire che venisse scavalcato persino da donne. Va segnalato lo scambio dei frati infermi tra il convento di Pollica e quello di Lustra. Se ne legge in un decreto del provinciale (12 novembre 1650) che stabilì che i frati ammalatisi nei due conventi «si governino iuxta solitum, e sifaccino la carità ad invicem l'uno con l'altro, andando quelli del convento di Pollica nel convento di S. Francesco e quelli di Cilento in Pollica». Gli ampliamenti dell'infermeria, iniziati il 28 ottobre 1706, continuavano ancora due anni dopo. Di «fabbricare una comoda infermeria e, con questa, la spetieria per il bisogno di questi poveri frati infermi» è notizia da un decreto del provinciale del 2 maggio 1777.

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