SACCO

Saccus, Sacco. Università autonoma fino alla sua elevazione a sede di Comune. Da Salerno Km. 90.

Segna la linea di confine tra il Cilento ed il Vallo di Diano. Vicino al Monte Pruno, è considerato una terrazza e perciò definito (il "balcone degli Alburni") che sorveglia i due principali passi d'accesso al Vallo di Diano, il Passo della Sentinella e la Sella del Corticato.

Nell’entroterra è possibile ammirare piante e animali selvatici, alberi, fiori e volatili unici al mondo, seguire il percorso del Sammaro uno dei principali subaffluenti del Calore Salernitano, visitare l’antico mulino e la Grotta Grande di Sacco.Un tempo l’economia era di tipo pastorale con la cardatura della lana, oggi è agricola - familiare con le produzioni tipiche del Cilento come l’olio e i latticini. In particolare è da segnalare la produzione della manteca e del Caciocavallo silano DOP.Caratteristica del luogo è la capanna italica, antica costruzione realizzata con pietre, legno e ginestre.

I cocci trovati nelle capanne sono della tarda età del bronzo fino al periodo romano.Numerosi sono i palazzi gentilizi di grande importanza artistica, le chiese di S. Silvestro, S. Antonio e S. Nicola ed il castello fatto costruire dal duca Zottone di Benevento intorno al 600 dopo Cristo.

Il paese ha 4 porte, quella della Saracina, S. Lucia, S. Antuono e del Lavinaio.Interessante il Museo "dell'arte artigiana originale e della storia" fondato dall'ebanista Francesco Coccaro nel 1986 che raccoglie la sua produzione artistica di legno intagliato.

ANTICO CROCEFISSO DI PIETRA

CHIESA DI SAN ANTONIO

CHIESA SAN SILVESTRO IL CAMPANILE

CHIESA SAN SILVESTRO PARTICOLARE

CHIESA SAN SILVESTRO

IL PONTE DI SACCO

LA PORTA DEL LAVINAIO

PANORAMA DI SACCO

SCORCIO

SCORCIO

SCORCIO

SCORCIO

IL MONTE MOTOLA


Di Sacco nuovo (numerato per fuochi 70 verso il 1780), si leggono poche notizie nel Di Stefano diversamente da Sacco vecchio distante 1 km circa dal nuovo abitato. Sacco vecchio era sito verso il fiume Sammaro, ai piedi del Motola in luogo alquanto inaccessibile eccetto che per due gole.

Era circondato da mura e torri con ruderi affioranti dai solchi degli aratri. Fu appunto per la sua ubicazione che via via venne abbandonato per il più aperto luogo odierno.Di Sacco è notizia in età angioina (a partire dal 1269), quando fu ingiunto al feudatario Nicola di Sacco di riunire la quinta parte dei 40 militi da inviare in Romagna. Oltre che dall’occultamento di 8 fuochi, per cui l’ordine di recupero di due once, è notizia di una controversia riguardante beni feudali tra il procuratore del R. fisco e Nicola di Sacco.

Nel 1278 il feudo era ancora posseduto da Nicola di Sacco, come si rileva da un’ordinanza che riguardava anche il figlio Riccardo. Nel 1294 re Carlo II avendo appreso che l’università « hominum terre Sacci de Principato» si trovava proprio « in inimico rum fronteria » e che perciò aveva subito perdite nelle persone e negli averi, ordinò al capitano a guerra di non costringere al pagamento delle imposte, compreso i residui. Il feudo era ancora del conte di Capaccio, Guglielmo di Sanseverino, nella seconda metà del ‘400, quando per ribellione, i beni dei Sanseverino vennero avocati al fisco. Nel 1487 re Ferrante vendette Sacco al suo consigliere Camillo Scorciati di Castelluccia. Pare, tuttavia che il feudo sia appartenuto anche alla famiglia Arcamone. F. Campanile assicura che nel 1560 il feudo apparteneva a Giannantonio Capece.

Dai sicuri Quinternioni si rileva che nel 1607 il feudo era posseduto da Fabrizio Lanario che lo vendette a Pasquale Caputo per d. 16.000, il quale poi lo rivendette per 17.000 ducati a Vincenzo Carafa. Nel 1613 Giovan Francesco de Juliis acquistò Sacco dai Carafa per d. 15.000, che si ridussero a 13.000 quando dal de Juliis l’acquistò Scipione Villano. Il Pacichelli ricorda che a occidente di Diano è « il piccolo castello del Sacco, armato del titolo di Contea si è renduto venerabile pe’ prodigi dispensati dall’Immagine di Nostra Signora nella fiera peste di Napoli, concorrendovi migliaia di fedeli da varie parti del Regno, i quali con l’Olio della sua lampada si liberano, o preservaron da’ danni del morbo epidemico». Il nipote di Scipione Villano, Pasquale Emanuele ebbe l’intestazione di Roscigno, con titolo di duca e di Sacco il 15 novembre 1790.

In mancanza di eredi titolo e feudi passarono, per successione femminile, alla famiglia Albito Carafa (m. 24 dicembre 1853) che sposò il nobile Giovan Battista Gattola di Martino, nobile di Gaeta. Da essi il primogenito Paolo Maria (m. 3 luglio 1892) rimasero tre figlie, Concetta e Maria nubili e Francesca vedova di felice Patroni Griffi, cavaliere di Malta.

Ristorante Delizie del Parco

+39 0974 941276

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