Si trova in una valle a ridosso fra i monti Alburni e il Valdiano nei pressi del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano, paese ricco di fascino soprattutto per le sue bellezze naturalistiche. Il suo nome di derivazione latina, è dovuto alla presenza di una grotta, in cui probabilmente i primi abitanti trovavano rifugio dalle incursioni saracene. Le rinomate Grotte di Pertosa o Grotte dell'Angelo, sono caratterizzate da particolarissime stalattiti e stalagmiti e per accedervi in alcuni tratti è necessario ricorrere a tipiche imbarcazioni. Qui oltre al tradizionale rafting, grazie alla presenza del vicino fiume Tanagro, è possibile praticare un'attività da non perdere, considerata unica in Europa: lo speleoraft ovvero una originale visita alle grotte da effettuare con gommoni da raft nel primo tratto e a piedi nel successivo tratto speleologico.
A Pertosa si organizza un’ importante rassegna di musica etnica "Negro Festival", che vede le grotte come suggestiva scenografia mentre per gli appassionati di prodotti tipici di eccellenza, ogni anno si allestisce la “Sagra del Carciofo Bianco”.
Nel territorio di Pertosa sono state rinvenute, finora, sette epigrafi, tra cui la bilingue rinvenuta in contrada Massavetere del medico Lucio Quinto Manneio (medicus e physikos, nella trascrizione greca). La più antica notizia della chiesa di S. Maria di Pertosa è nel diploma (a. 1131) di Nicola, conte del principato, che riferisce di famiglie che dovevano corrispondere due giornate lavorative annue alla Badia di Cava e conferma la concessione «pro anima», fatta dal padre Guglielmo alla predetta chiesa, del libero pascolo per gli animali di proprietà della chiesa nel territorio di Auletta, «qui dominationem Olecte habuerat». Nicola estende tale concessione anche agli animali delle famiglie vassalle di S. M. di Pertosa, aggiungendo ancora il diritto di pesca nel vicino fiume. Nel 1136 Ruggero, signore di Caggiano, donò e confermò alla Badia i diritti di pascolo, di legnare e altro nel territorio di Caggiano per gli animali della chiesa di S. Maria di Pertosa e per quelli delle locali famiglie, con l'obbligo da parte di queste famiglie di corrispondere due giornate lavorative ognuna. Ruggero confermò ancora tutte le antiche consuetudini locali. Nel 1137 lo stesso conte Nicola donò alla Badia un mulino sito lungo il fiume Negro (Tanagro), nelle pertinenze di S. M. di Pertosa e precisamente nei pressi del mulino della medesima chiesa. Sui due mulini, di cui è notizie dalle anzidette pergamene, il monastero accese ipoteca sulla metà con Ruggero, signore di Caggiano, figlio del fu Rinaldo di S. Sofia. Nel 1180 Pietro di Donato offrì alla chiesa di S. M. di Pertosa parte della «Crypte S. Angeli» e degli orti lungo il fiume Tanagro.
Durante il regno di re Manfredi, lo zio Galvano Lancia si era impadronito di Auletta. I baiuli locali, poi, con il pretesto che gli ufficiali di Galvano avevano esatto il diritto di fida dalle famiglie di S. M. di Pertosa, premevano su quei vassalli, i quali avevano il diritto di pascolo su terre e montagne. L'abate Amico si rivolse al re, allora nel castello di Nocera, il quale (12 settembre 1267) scrisse al giustiziere di evitare che si esigesse ciò che non era dovuto.
Nell'Archivio della Badia vi sono ancora una concessione enfiteutica e due affitti. Il primo tratta il fitto per cinque anni delle rendite dei frutti del villaggio di S. M. di Pertosa fatta nel 1328 dalla Badia al domino Guido di Laino per dieci once d'oro annue. Il secondo tratta del fitto dello stesso villaggio di Pertosa fatta per cinque anni dal 1363 a Lubello Toscano per dieci once d'oro e dieci libbre di cera annue.
Il villaggio che era stato già colpito dal terremoto si spopolò per la peste del 1348. Pertosa fu abbandonata. Solo secoli dopo alcune famiglie di Caggiano, scendendo a valle per la raccolta delle olive, ricostruirono le case dirute per abitarvi durante la stagione olearia.
Il borgo riprese vita.
Nel 1711 il clero di S. M. di Pertosa si unì ai benedettini di Cava e al clero di Polla soggetto alla Badia per contrastare il passo alla processione guidata dal clero di Auletta che si recava alla grotta per celebrarvi le sacre funzioni in quel lunedì di Pasqua.
L'Antonini scrive che il villaggio era diviso in tre nuclei abitati con un circostante territorio ricco di oliveti. Il Giustiniani, nel dire di Auletta, parla del Tanagro «detto corrottamente il Negro, che ha la sua origine nella parte meridionale del monte Sirino, ed entrato nella Valle di Diano, vicino la Polla profonda in una voragine, e dopo il sotterraneo corso di due miglia sbocca con istraordinario rumore in una grotta dove dicesi la Pertosa». Il Giustiniani pone il villaggio a 38 miglia da Salerno e non trascrive i dati dei censimenti del '500 e del '600 perché il villaggio era diruto e abbandonato.
LATITUDINE: 40.54434390000001
LONGITUDINE: 15.451992399999995
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