Frazione del comune di Camerota situata ai piedi del monte Calvario, immersa in una vallata di uliveti da cui si estrae il prodotto tipico del paese rappresentato dal pregiato olio di oliva.
Il centro abitato è dominato dalla chiesa di San Marco risalente al 1746, di stile barocco che custodisce importanti opere d'arte tra cui un busto ligneo di San Marco ed una tela posta alle spalle dell'altare, dedicata ad Orazio Parlati del 1750.
Le strade del centro storico alternate da stretti vicoli e arcatelle, presentano edifici magnifici come Palazzo Crocco datato al 1550, preceduto da un arioso piazzale e Palazzo Sofia.
Il Lubin segnala tra le abbazie di fondazione di monaci greci anche la badia di S. Pietro di Cusati (li Cusati, Licusati). Altre notizie sull'abbazia e sul villaggio mancano sia perché l'Antonini, che pur aveva scritto del territorio nel '700, che il Volpi, che scrisse della diocesi di Capaccio e dei suoi vescovi, nulla avevano detto della badia e del villaggio che le era sorto a poche centinaia di metri.
Nel 1804 il Giustiniani segnalò che l'abate di S. Nazario, vicario locale pro-tempore del romano Capitolo di S. Pietro, esercitava una certa giurisdizione episcopale oltre che sulla chiesa di Eremiti, anche su quelle di S. Pietro di Licusati e di S. Nicola di Bosco (v. vol. I, cap. V, 4). È notizia, però, che tra le «minores Abbatiae Basilianae, una S. Petri [dipendesse] Archimandritae S. Mariae de Crypta Ferrata in Tuscolano, apud Romam».
Mancavano notizie sicure sul villaggio, specialmente sulle chiese e cappelle locali dato che Licusati era esente dalla giurisdizione del vescovo di Capaccio, appunto perché soggette a quella del Capitolo romano di S. Pietro. Ciò fino al 1979, quando, Pietro Ebner, ebbe l'insperata possibilità di pubblicare la platea dei beni mobili e immobili, compilata nel 1613, della badia di S. Pietro esistente nell'ADV, saggio al quale rinvio per tutte le particolarità, specie fondiarie, inerenti alla badia medesima. Questa, già nel 1480 aveva fatto compilare un altro polittico, di cui era copia nell'Archivio del capitolo di S. Pietro di Roma. Proprio alla cappella del presepe Pio V, con bolla del 1564, aveva aggregata la badia di Licusati con le sue grancie: l'abbazia di S. Nicola di Bosco, di S. Giovanni di Camerota e di S. Cecilia di S. Nazario, con tutte le notevoli loro dipendenze. Abbazie, un tempo, tutte di rito greco e poi passate al rito latino. Naturalmente prima del 1458, quando per iniziativa del cardinale Bessarione, alto protettore dell'Ordine di S. Basilio, Callisto III affidò all'archimandrita Atanasio Calkeopilo la «visitatio» dei 78 monasteri di rito greco ancora esistenti nel Mezzogiorno, di cui solo quattro nel territorio in oggetto, cioè i cenobi di S. Giovanni a Piro, di S. Cono di Camerota, di S. Maria di Centola e di S. Maria di Pattano.
Si rileva dal polittico del 1613 che la proprietà soggetta all'abate di S. Pietro di Licusati era distribuita nei tenimenti di sedici villaggi tra il Bussento e l'Alento. Dai verbali della Commissione nominata dal Capitolo romano di S. Pietro per la ricognizione dei beni dell'abbazia (mesi di maggio, giugno, agosto e novembre 1613), si rileva, innanzitutto, che il villaggio, in quel tempo, contava 684 abitanti e che nella chiesa erano le cappelle di S. Maria deIla Catena, «jus patronato di Francisco de Novi, come si dice», e del SS. Sacramento.
Vi è pure notizia della chiesa di S. Marco di Licusati. Ma, ciò che è più interessante, vi è una descrizione della chiesa e delle altre cappelle di Licusati e cioè i «bona stabilia et demanialia dictae Abbatiae», da cui si apprende anche la distanza dal villaggio: «L'Abbatia predetta di S. Pietro delli Cosati sta vicino al Casale da circa un quarto di miglio e tene la Porta verso Ponente, et appresso la Chiesa ci sono molte stantie da circa membri sedici con Cortile dentro, dove sono alcuni arbori di Citrangoli et Cedri con un puzzo di acqua nel rnezzo sorgente, et un altro cortiglio con due altre Cappelle contigue a detta Chiesa sub nomine santo Ciriaco et S. Nicola con la sacristia e Cimitero appresso».
L'abbazia possedeva, inoltre, un frantoio di olive, «cappelle, Altaria et sepolture et bona mobilia».
Poiché il villaggio era esente dalla giurisdizione vescovile di Policastro, solo dal polittico possiamo rilevare notizie su chiese e cappelle locali. Nella chiesa erano «in primis una Cappella con altare e sepoltura in latere dextero dum ingreditur nuncupata S. Croce quale è di Luca Antonio et eredi di Angelo Lansalone. / Item, sul medesimo lato ci è un altro Altare, e sepolture, sub invocatione Salvatoris quale è di lo Scipio Quintilliano, e Nicola Tancredi. / ltem, nel medesimo lato ci è una Cappella con altare e sepoltura, noncupata S. Maria de la Gratia, quale è di Marco e Tommaso di Ruggiero. / Item, nell'altra parte, et alla d. Chiesa vi è una Cappella senza Altare e sepoltura, e senza pittura, et è di Giovanni Martino, et altri de la famiglia de Mauro. / Sta nel medesimo lato ci è una Cappella e sopoltura noncupata S. Sebastiano quale è di Marco et altri de famiglia Grimaldi. / Item nel medesimo lato ci è una sepoltura, e loco senza figure, quale e di Ambrosiano, et Ascanio de Mauro fratelli. / Dentro la chiesa di S. Nicola ci è una Cappella con l’imagine di S. Maria delo Greto con la sepoltura quale è di Antonio e Nicolao parlato».
Va ricordato che Tommaso (IV) di Sanseverino ebbe dalla regina Margherita, vicaria di Carlo d'Ungheria ucciso a Buda da una congiura, nel 1386 oltre 365 once d'oro, forse per la carica di contestabile, una riduzione della tassa di relevio (da 800 a 500 once d'oro) e altre 85 once l'anno dalla generale sovvenzione di Mercato S. Severino e Camerota.
Nel 1399 re Ladislao oltre a concedere a Luigi Sanseverino le 365 once d'oro che si corrispondevano al contestabile, gli confermò i feudi tra cui Camerota e S. Severino di Camerota. Come si rileva dal N. Q. f BB quest'ultimo villaggio appartenne poi ai principi Sanseverino di Salerno finché non fu avocato per la nota ultima ribellione. Licusati seguì sempre le sorti di Camerota.
Vanno ricordati pure gli atti di violenza contro il feudatario Marchese verificatisi a Camerota (v.) il 23 luglio 1647 e il 24 quando peggiorarono per il «romore, tumulto, risse, homicidi et precipue la morte successa in persona dì Giovanni Battista di Rutolo del casale di Licusati».
LATITUDINE: 40.0552468
LONGITUDINE: 15.359901600000057
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